Disturbi d’ansia e d’umore sono i problemi di salute mentale più diffusi
Pubblicato il 10 maggio 2008 da GiòCon legge 180 e la conseguente chiusura dei manicomi si è chiuso il periodo storico caratterizzato dalla ghettizzazione della persona sofferente di un disturbo mentale.
Il malato psichiatrico dei giorni nostri è fortemente cambiato rispetto al passato anche e soprattutto a causa di stress e frustrazioni della vita quotidiana che intrappolano gli uomini in un vortice da cui difficilmente si viene fuori senza un aiuto esterno.
Infatti i problemi di salute mentale più diffusi, così come spiega Alberto Siracusano, presidente della Sip (Società italiana di psichiatria), sono “la depressione, l’ansia, i disturbi della personalità, i problemi alimentari e quelli collegati all’uso e abuso di alcol e sostanze stupefacenti, nonché al controllo degli impulsi“.
A questi si aggiungono la depressione post-partum e altri disagi declinati ‘in rosa’.
Da un’indagine della SIP emerge come, rispetto ai pazienti già in cura, nei nuovi accessi si dimezzano i disturbi dell’area psicotica (’solo’ per il 14%) e aumentano al contrario i disturbi d’ansia (26%) e d’umore (21%).
Negli ultimi 30 anni sono mutati anche i fattori di rischio che non sono più medico-biologici e genetici ma anche psico-sociali e ambientali.
Siracusano sottolinea come “passano circa 18 mesi prima che un giovane paziente arrivi alla diagnosi e passi al trattamento”. Il proposito è quello di “definire percorsi specifici per ciascun problema, abbattendo la ‘latenza’ fra primi sintomi e diagnosi“.
Tag: ansia, conferenza, depressione, frustrazione, milano, stress, umore
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12 maggio 2008 alle 11:48
TRENT’ANNI FA VENIVA APPROVATA LA LEGGE BASAGLIA
‘Salute mentale’ e non più ‘malattia mentale’. E’ questa la svolta impressa dalla tanto discussa legge 180, che venne approvata trenta anni fa, il 13 maggio 1978, dal Parlamento italiano. Una legge rivoluzionaria che attraverso nuove regole per il trattamento e la cura delle malattie mentali voleva porre fine ai manicomi tanto combattuti dal suo relatore, Franco Basaglia.
La legge 180 in Italia ha rappresentato il punto di arrivo di un processo più importante e di ampio respiro, medico e culturale. Allora rappresentava l’espressione istituzionale del lavoro di Basaglia che si era concretizzato nel ristabilire la centralità della persona anzichè dell’istituzione. Basaglia pensava l’istituzione in funzione delle persone a cui offriva un servizio, in anni in cui la norma era il contrario, ovvero la persona oggettivata in funzione dell’istituzione Il suo lavoro in questo senso ha rappresentato sicuramente l’evento più importante per una riforma della sanità pubblica e prima ancora per un profondo cambiamento culturale, un cambiamento dell’immaginario collettivo volto a promuovere la sanità come diritto della persona e la salute come valore positivo, all’interno di un discorso da estendere dalla psichiatria a tutta la medicina.
Si trattava, in un certo senso, di un’operazione utopica e perciò sarebbe errato considerare la chiusura dei manicomi come il risultato maggiore dell’opera e delle intenzioni di Basaglia. Il vero obiettivo era una rivisitazione dei rapporti sociali a partire dalla clinica psichiatrica, proprio quella clinica che a suo tempo era nata per tutelare la cattiva coscienza della società stessa, la quale, per garantire la sua quiete e i rapporti di potere in essa vigenti, non aveva trovato di meglio che incaricare la medicina di fornire le giustificazioni scientifiche che rendessero ovvia e da tutti condivisa la reclusione dei folli entro mura ben cinte. Per rendere il suo servizio, la clinica ridusse la follia a malattia che, per essere curata, deve essere sottratta al mondo in cui essa ha origine che è poi il mondo della vita.
Nel Cantone Ticino l’ultimo dibattito importante sulla psichiatria risale a poco più di 20 anni fa in corrispondenza alla preparazione e all’entrata in vigore della Legge sull’assistenza sociopsichiatrica (LASP) che ha posto le condizioni necessarie per lo sviluppo dell’intervento settoriale e ha riconsegnato i diritti da cittadino agli utenti .
Il fermento dei primi anni di applicazione della LASP è stato caratterizzato dalla realizzazione di strutture atte a mantenere il paziente il più a lungo possibile nel suo contesto sociale e a facilitarne il reinserimento in caso di ricovero.
Contemporaneamente sono state riorganizzate le modalità di lavoro degli operatori costituendo delle équipe pluridisciplinari e sviluppando diverse modalità di presa a carico del disagio psichico.
Gli anni recenti, al di là della revisione della Legge, hanno probabilmente risentito dei cambiamenti economici e politici facendo perdere visibilità alla questione della psichiatria che sembra essersi rinchiusa su se stessa. Le preoccupazioni sembrano concentrarsi essenzialmente sugli aspetti tecnici ed amministrativi, si discute degli equilibri fra pubblico e privato, del fabbisogno di posti letto, della
dotazione di personale, ma gli aspetti concettuali di fondo non suscitano alcun dibattito.
Sembra quasi che la copertura della Legge sia diventata un comodo paravento per l’inattività concettuale, mentre la psichiatria non dovrebbe mai trovare soluzioni definitive, ma rivedere continuamente i suoi presupposti, i suoi rapporti con il mondo sociale, il suo concreto modo di operare.
Nella valutazione del disagio psichico vengono considerate una pluralità di voci che vanno dalle sintomatologie psicotiche vere e proprie alle tossicodipendenze, alla depressione, all’ansia, ai disturbi nell’alimentazione. Persino le ammissioni relative a situazioni e vissuti di stress in ambito familiare o lavorativo sono recepiti come indice di sintomatologie indicatrici di disagio mentale.
E’ questo un quadro dove la tendenza alla “psichiatrizzazione” di una parte consistente della società, parte rappresentata oltre che dai settori più sfruttati, oppressi e marginalizzati delle masse popolari, anche da quelli che, su un piano culturale, comportamentale e magari anche su quello politico e sociale, vengono identificati come portatori di conflitto, si coniuga con i tagli alle spese per la sanità e lo smantellamento e la distruzione del servizio sanitario pubblica e con i processi di privatizzazione dei servizi psichiatrici e di riduzione del trattamento del disagio psichiatrico a problema di contenimento farmacologico e di ordine pubblico.
Come afferma B. Saraceno, Direttore del Dipartimento Salute Mentale dell’OMS, “Le autorità della sanità pubblica dicono che lo stigma e la discriminazione sono i principali ostacoli che le persone con disturbi mentali devono affrontare oggi. Poche sono le famiglie che non hanno un incontro con i disturbi mentali, eppure quasi universali sono la vergogna e la paura che impediscono alle persone di cercare aiuto. Le gravi violazioni dei diritti umani negli ospedali psichiatrici, l’insufficiente disponibilità di servizi di salute mentale nella comunità, gli schemi di assicurazione iniqui e le pratiche di impiego discriminatorie, sono soltanto alcune delle prove che le persone con problemi di salute mentale devono affrontare.”
Imperativo diventa allora, per la psichiatria e per la politica, occuparsi anche dell’adattamento reciproco fra la società “produttiva normale” e le vecchie e nuove patologie sociali con cui siamo confrontati.
Tutto questo senza però dimenticare il profondo enigma della soggettività recuperando il senso profondo della vita e migliorando la qualità dello stare al mondo di ogni singola persona, pur di fronte alla sofferenza di esistere.
Andrea Mazzoleni, Socioterapeuta
maggio 2008
20 marzo 2009 alle 10:26
POLITICHE E SERVIZI PER LA SALUTE MENTALE.
Il complesso lavoro dell’analisi di gruppo
di LAURA TUSSI
“La follia è una condizione umana.
In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione.
Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla.
Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere”
Franco Basaglia
La legge 180, Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, del 13 maggio 1978, meglio nota come legge Basaglia (dal suo promotore in ambito psichiatrico, Franco Basaglia) è una nota e importante legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici.
Successivamente la legge confluì nella legge 833/78 del 23 dicembre 1978, che istituì il Servizio Sanitario Nazionale.
La legge fu una vera e propria rivoluzione culturale e medica, basata sulle nuove e più “umane” concezioni psichiatriche, promosse e sperimentate in Italia da Franco Basaglia.
Prima di allora i manicomi erano poco più che luoghi di contenimento fisico, dove si applicava ogni metodo di contenzione e pesanti terapie farmacologiche e invasive, o la terapia elettroconvulsivante (che per alcuni casi viene tuttora utilizzata).
Le intenzioni della legge 180 erano quelle di ridurre le terapie farmacologiche ed il contenimento fisico, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori territoriali.
Le discipline psicologiche e psichiatriche si basano su presupposti e modelli teorici, come lo sviluppo della personalità, la relazione tra i rapporti famigliari e gli scompensi clinici, le fluttuanti delimitazioni fra normalità e disturbi nevrotici e psicotici che si verificano per fattori biologici, psicologici, sociali.
Il DSM Diagnostic Statistical Manual of Mental definisce l’omosessualità come deviazione sessuale e nel 1974 i membri della commissione stabilirono di togliere l’omosessualità dalle patologie, dimostrando la relatività dei giudizi psichiatrici e l’incertezza delle diagnosi.
La ricerca di Harris dimostra l’influenza dei fattori sociali sulle situazioni patologiche che interagiscono nella genesi delle depressioni, delle psicosi e delle schizofrenie, come elementi di vulnerabilità e agenti causali, quali separazioni, perdite e delusioni. Warner individua variabili che incidono sulla patologia schizofrenica, come lo stress economico e la disoccupazione e indica fattori protettivi per rendere le psicosi più accolte nella società, fornendo al paziente un posto di lavoro, trattando la malattia nel setting psicoanalitico, con supporto clinico e psicologico.
Ciompi individua un modello esplicativo della schizofrenia con fasi premorbose, acuti scompensi psicotici ed un’evoluzione della patologia a lunga scadenza.
Con questo modello, la schizofrenia viene concepita come un processo nosografico intermittente e non come disordine cronico, per cui anche l’etnopsichiatria si è occupata delle variabili culturali nel manifestarsi della patologia.
Il paziente schizofrenico vive intensi momenti e piene fasi di lucidità estremamente creativi e produttivi, in cui il disagio mentale viene vissuto come risorsa e ricchezza valoriale e creativa, dove anche , grazie ai progressi della farmacologia, le estreme condizioni di sofferenza individuale ed esistenziale sono contenute e controllate, tramite la somministrazione dosata dei nuovi ritrovati farmacologici che spaziano dai neurolettici, agli antipsicotici, come l’aloperidolo.
Per evitare gli effetti collaterali tipici degli antipsicotici tradizionali, i ricercatori hanno sviluppato, negli ultimi anni, una serie di nuovi farmaci neurolettici con azione più specifica e selettiva sul sistema dopaminergico.
La clozapina (Leponex) è stato il primo farmaco classificato fra gli “atipici”, grazie ai suoi scarsi effetti collaterali extra-piramidali (rigidità, parkinsonismo, ecc.).
La olanzapina (Zyprexa) rappresenta una delle ultime scoperte indirizzate a scopi antipsicotici.
Saraceno individua fattori macrosociali, differenze culturali, eventi esterni, condizioni socioeconomiche e contesti microsociali e familiari che influenzano la multidimensionalità della patologia, come segnale psichico di conflitti interni, di fenomeni di devianza e di grande e grave sofferenza individuale e scompenso psichico, fisico ed esistenziale.
La teoria psichiatrica moderna si costituisce con la caduta dell’interpretazione magica e religiosa della follia.
Piro individua diversi periodi di considerazione della psichiatria: il periodo conservatore, di modernizzazione, di mutamento e di difficile riforma come gli anni 80 e 90.
Gli anni 60 vedono un clima politico e culturale nuovo, con proposte riformistiche, nella lotta antiistituzionale con il progetto di settorializzazione psichiatrica al fine di accogliere i malati in una certa parte del territorio con dispensari, ambulatori, istituti intermedi, favorendo il decentramento territoriale al fine di agevolare l’inserimento e l’integrazione del paziente nel tessuto sociocomunitario, abolendo la funzione istituzionale, repressiva e restrittiva, del manicomio, proponendo invece la cura e l’igiene mentale in un’ottica sociale più ampia, dove il diverso deve essere accolto dalla comunità e dalla società, assumendo come presupposto la “follia” quale imprescindibile condizione umana e ricchezza creativa e valoriale e abolendo il grave stato di sofferenza traumatica dell’individuo al presentarsi dei sintomi gravi delle malattie mentali.
Jones auspica l’organizzazione di comunità terapeutiche per sostituire alla gestione violenta del manicomio, una pratica sociocomunitaria, con l’eliminazione di rapporti autoritari, per lo sviluppo della comunicazione e della risocializzazione del malato psichiatrico.
Tale prospettiva vede un’applicazione pratica con gruppi psichiatrici intorno alla figura di Basaglia.
La riflessione sulla gestione concreta del malato è messa in discussione da differenti culture e approcci medici e terapeutici come per esempio l’antipsichiatria di Laing.
Il tema dell’istituzionalizzazione pone all’attenzione pubblica le considerazioni sul complesso dei danni psichici inferti al paziente per il lungo soggiorno coatto nelle istituzioni, con principi di autoritarismo e coercizione, che inducono nel degente una progressiva perdita di interessi, in un processo di repressione, regressione e restringimento della personalità che ingenera vuoto emozionale ed esistenziale.
La tesi di Basaglia si fonda sul presupposto che l’istituzione manicomiale deforma la malattia mentale, la nasconde e impedisce la presa di visione e di considerazione del problema sociale e istituzionale.
L’introduzione dei neurolettici e degli antipsicotici, come il Serenase e l’Haldol, crea negli ospedali un’azione di recupero del rapporto e della relazione basati sulla narrazione e l’analisi delle storie di vita da parte degli psicoterapeuti e degli psicanalisti, perché tali sostanze inibiscono e tengono a bada le fasi allucinatorie e deliranti delle psicosi e di conseguenza inibiscono e controllano le gravi condizioni di sofferenza esistenziale e di scompenso psicomotorio del paziente.
Tale processo e progresso medico e farmacologico si manifesta come un imprescindibile supporto all’ipotesi organizzativa moderna, come punto di riferimento della Organizzazione Mondiale della Sanità OMS.
Partendo dalla psichiatria, viene ripensata la categoria socioculturale dell’esclusione, per la cura del malato che si attua nella paura, nella repressione e occorre invece la riconquista della libertà, nella tutela del degente, nella difesa dell’integrazione e dell’accoglienza del diverso nella comunità e nella collettività, in un processo collettivo di integrazione e inserimento sociocomunitario del paziente.
La legge 180 contiene la legittimazione giuridica dell’umanesimo psichiatrico di Basaglia.
I principi della legge considerano la malattia mentale inclusa in una rete di servizi territoriali, ambulatoriali e ospedalieri, come i centri psicosociali di cura e assistenza. La legge 180 prevede l’assistenza psichiatrica come parte del Sistema Sanitario Nazionale SSN, la chiusura dei manicomi e l’organizzazione di decentramento della cura e dell’assistenza a livello territoriale, in servizi psichiatrici dislocati e decentrati nel tessuto sociocomunitario, nell’ambito del territorio.
Con la riforma psichiatrica prevista dalla legge 180, il ricovero del malato è volontario e non più obbligatorio e coercitivo e si intravede una nuova fase per lo sviluppo dei servizi di cura e assistenza con reti di servizi psichiatrici che prevedono dipartimenti per la salute mentale, lo sviluppo della riabilitazione psichiatrica, la regolamentazione dei processi per la chiusura degli ospedali psichiatrici stessi.
È presente una classificazione dei servizi per la salute mentale secondo modelli tipici: servizi forti, ospedali psichiatrici, servizi deboli e servizi con forte caratterizzazione organizzativa, con tecniche intervento sistemico, psicodinamico e farmacologico. Sussistono diversi sistemi organizzativi del sistema psichiatrico, come il dipartimento di salute mentale, il sistema dipartimentale con reti di servizi, i centri di salute mentale con collegamenti ai servizi sanitari e sociali, i servizi psichiatrici di diagnosi e cura, le strutture semiresidenziali come i day hospital, i centri diurni e le strutture residenziali.
Nel 1994 il governo Ciampi ha approvato un progetto/obiettivo di tipo nazionale riguardante la tutela della salute mentale con l’apertura presso le ASL di reti di strutture territoriali psichiatriche, residenziali e semiresidenziali con operatori dalle comprovate competenze professionali, nella concezione complessiva di superamento della struttura dell’ospedale psichiatrico, dell’istituzione a regime coatto e repressivo, fondata invece sul concetto di esclusione e di separazione del malato dalla società, dove si escludeva il principio di integrazione della diversità nel tessuto sociale.
L’analisi di gruppo
Nell’analisi di gruppo subentrano elementi concomitanti, le persone, le relazioni interpersonali e il rapporto tra le persone e il gruppo.
Nell’analisi di gruppo è posta enfasi sulle relazioni di transfert individuali, come la risonanza, l’effetto a specchio con ripercussioni sulla fantasia e i sentimenti.
La catena associativa gruppale è il modo in cui vengono espresse le fantasie dei singoli nel gruppo, con fenomeni transpersonali che si evolvono nell’atmosfera gruppale, nella sinestesia di vissuti, emozioni e sensazioni tra i partecipanti.
Nello stato gruppale nascente si evolve una fenomenologia che manifesta attesa messianica e illusione gruppale e collettiva che risponde ad un desiderio di sicurezza e di preservazione dell’unità individuale che sfocia in fenomeni di narcisismo gruppale con eventi di depersonalizzazione, derealizzazione e di individualizzazione, ossia perdita dei confini del sè e cambiamento, in una condizione di transito verso altre fasi.
La funzione alfa consiste nella capacità dell’analista di recepire le comunicazioni preverbali e verbali del paziente, con competenze di ricezione in attività di elaborazione.
Lo spazio comune del gruppo risulta dal superamento dello stato gruppale nascente allo stadio di gruppo come soggetto collettivo, con uno spazio e tempo, e ambito mentale relazionale, legato al sentimento di appartenenza.
Animare l’identità del gruppo significa collegare il processo gruppale con la sua base affettiva, evitando l’istituzionalizzazione e la sclerotizzazione collettiva.
La diade paziente e terapeuta genera un campo bipersonale con diversi livelli.
Il setting di transazione verbale presenta fantasie inconsce bipersonali e multipersonali, in un gioco incrociato di identificazioni proiettive che coinvolgono i membri del gruppo e l’analista stesso.
Il campo dello stato mentale consiste in un sistema complesso di fantasie, emozioni e idee, in un sistema di sincronicità e interdipendenza.
La semiosfera è l’ambito della determinazione di senso di ciò che accade nel gruppo come continuum ed insieme di sistemi elaborativi di senso.
La semiosfera è il corrispettivo a livello semiotico dell’unità del gruppo e della comune area sensoriale ed emotiva, come spazio comune del gruppo stesso.
La semiosfera è un insieme di sistemi di autorappresentazione e determinazione all’interno del gruppo come un continuum semiotico o semeiotico in cui operano sistemi gruppali.
Nel 1970 Bion intuisce un collegamento stretto tra cervello, brain e mente, mind. Secondo Bion il cervello inizialmente, nel processo di evoluzione umana, svolge compiti diversi e successivamente si è adattato ad albergare i pensieri.
L’onere di pensare i pensieri.
Questa operazione ingenera angoscia di contenuti e provoca il distacco dal gruppo. Infatti con l’onere del pensiero, l’individuo animale si trova solo.
Questo suggella il passaggio dal cervello come il proprio cervello, al cervello come mind, mente, ossia contenitore ed elaboratore di pensieri.
Secondo Bion non sussiste distinzione tra cognitivo e affettivo.
Il pensiero è affetto.
Si presenta una differenziazione tra pensiero tecnologico e pensiero con responsabilità di pensiero, in fase operativa ed operatoria.
I pensieri hanno la capacità di promuovere lo sviluppo della mente con emozioni, comunicazioni, sentimenti ed esperienze.
Le caratteristiche del pensiero di gruppo non sono la somma di qualità individuali, ma la complessità di fattori del collettivo come entità pensante, del pensare insieme.
La funzione terapeutica del pensiero di gruppo consiste nella capacità di metabolizzare l’ansia e l’angoscia.
Il gruppo disintossica la mente dell’individuo dalle tensioni, con la funzione di metabolizzare l’angoscia.
Nel 1981 Corrao definisce la funzione gamma simile alla funzione alfa con la capacità di pensiero del gruppo di metabolizzare le emozioni, le tensioni e gli elementi sensoriali.
Laura Tussi